La rubrica intende presentare i pionieri che hanno contribuito in modo indissolubile alla crescita del nostro settore, innovandolo e rivoluzionandolo
La storia del nostro settore è ricca di importanti successi, di eventi cardine che hanno scolpito nella pietra il futuro del gelato e delle gelaterie. Alla base di tutto questo, però, ci sono sempre state delle persone, pionieri che si sono erti alti nel tempo e che, ad oggi, possiamo solo ringraziare per il grande contributo portato al settore. È proprio la storia di uno di questi astri di bravura che, in questa puntata, intendiamo raccontare: la storia di Fausto Bortolot. Lo abbiamo raggiunto lì dove tutto è iniziato, a Zoppè di Cadore, dove ci ha accolto con la sua consueta bonarietà e la sua gentilezza svelandoci i nodi di un’esistenza dedita al lavoro e alla passione per il gelato.
“Ero il maggiore di 6 fratelli, non pativamo la fame ma mi sentii in dovere di dare una mano ai miei genitori. Siccome nelle mie zone (vallata di Zoldo) si parlava tanto di gelato, molto più di adesso dove assistiamo invece ad un problema di ricambio generazionale, allora mio padre mi mandò per quattro mesi a fare la mia prima stagione a Bellaria, vicino a Rimini. Alla fine degli anni ’70 gli abitanti di Zoppè avevano 70 gelaterie in Germania e 35 in Italia, più di una gelateria per famiglia, tanto per far capire quanto ai tempi il gelato contasse per l’economia locale. Tutto questo aveva un’importante storia alle spalle: giá nel 1860 i primi gelatieri di Zoppè di Cadore, tra cui mio nonno, avevano un’ampia attività a Vienna. Fui appassionato dalle vicende di questi pionieri del gelato artigianale che influirono molto sulle mie scelte di vita e mi spinsero a portare avanti lo stesso mestiere con passione e amore.
Tornando a noi, di quella prima stagione ricordo solo il sonno che ho patito! Avevo 15 anni, si parla del 1954, finivo di lavorare veramente tardi e alle 6 il mio datore di lavoro mi veniva a svegliare. Ricordo che spesso gli rispondevo e poi mi rigiravo nel letto. Un’altra volta mi capitò che a messa, per la troppa stanchezza, mi addormentai profondamente. Mi sedetti sul confessionale e la chiesa era piena zeppa, ma al mio risveglio ero rimasto l’unico al suo interno”.
“Ho sempre avuto una forte passione per le biciclette – continua Fausto -, e proprio lì vicino a dove feci la mia prima stagione c’era una fabbrica di bici da corsa. In quei 4 mesi (stagione maggio-agosto) guadagnai 60.000 lire e mi attanagliò un dubbio. Cosa avrei dovuto fare, comprare la bici dei miei sogni che costava proprio 60.000 lire o portare quei soldi a casa? Quella notte non riuscii a dormire, ma alla fine decisi di aiutare la mia famiglia”.
E così Fausto viene introdotto al mondo del gelato, primo vero amore che porterà avanti per tutta la vita. Dopo una breve esperienza in un caffè a Brescia comincia a lavorare per un’altra gelateria dove incontra la futura moglie Rita, che lavorava lì insieme alla sorella, e ci rimane per 5 anni, dovendo poi interrompere per svolgere il servizio militare. Il primo grande traguardo, ovvero l’apertura della prima gelateria Bortolot, avviene subito dopo: “Dopo i 18 mesi di militare chiesi il congedo per sposarmi. Poco prima che ciò accadesse, comunque, mio papà mi mandò a cercare un negozio in Germania siccome ero l’unico che sapeva un po’ di tedesco, avendo fatto lì diverse stagioni. Avevo un amico di una certa età che aveva simpatia per me che mi disse che, dato che allora si viaggiava in treno, se arrivando alla stazione avessi trovato molti taxi allora quello era un buon posto dove cercare.
Trovai la gelateria in un posto dove c’era un’industria di porcellana, dove siamo ancora anche adesso, a Selb, che confina con la Repubblica Ceca. Lì c’erano fabbriche e lavoro, per la città inoltre si aggiravano tanti italiani per i quali la gelateria divenne praticamente un punto di riferimento, un centro di solidarietà dove poter fare una telefonata e mangiare un piatto di minestra in compagnia”. Tante le storie legate a quel luogo, che Fausto ricorda come una seconda casa, una seconda patria.
“All’epoca gli italiani avevano mentalità più ristrette, si parla degli anni ’60, spesso la polizia li arrestava e me li portava dicendomi di dire loro che non potevano comportarsi così. Questo mi dava fastidio perché sembrava che considerassero gli italiani solo come dei criminali, così quando un giorno un ragazzo mi derubò di una cesta di banane mi presi la mia rivincita. Quando riuscii a prenderlo mi accorsi che era tedesco, lo portai alla polizia e feci capire loro che anche i tedeschi potevano commettere crimini e non tutti gli italiani erano criminali. Sono sempre stato così, a testa alta, ma comunque sempre disposto a dialogare con gli altri in modo produttivo”.
“È stato davvero bello lavorare lì – continua Fausto -. Qualcuno dice delle proprie esperienze che non tornerebbe indietro invece io si, la Germania ce l’ho nel cuore. Non ho la cittadinanza perché all’epoca potevi averne solo una e io non volevo rinunciare a quella italiana, ma me la offrirono”. La storia di Fausto prosegue a Fano, dove si trasferisce nel 1969 per rimanere più vicino ai tre figli che frequentano la scuola italiana. È qui, sulla riviera adriatica, che apre la “Casa del Gelato”.
“Ci venne a trovare un mio zio e ci disse che a Belluno c’era un uomo che vendeva gelaterie. Mio padre era contento di avere un punto d’appoggio in Italia e io volevo tornare qui per stare vicino alla famiglia. Feci infatti frequentare le scuole italiane ai miei figli perché capitava spesso tra i figli degli italiani che, una volta frequentate le scuole in Germania, non volessero più tornare indietro, e a me non andava bene. Tirammo su una bella gelateria con soddisfazione, e in pochi anni raddoppiammo il fatturato. Per farmi conoscere prendevo le coppette di plastica e le portavo negli alberghi, li giravo tutti. Mia moglie preparava i semifreddi e nel weekend vendevamo 600/700 pezzi soltanto nel giro di un paio di giorni”.
Ed è proprio in quegli anni, più precisamente nel 1971, che Fausto vince il concorso “Coppa d’oro” alla M.I.G. di Longarone con il gelato alla nocciola. L’attività prosegue tra successi e soddisfazioni e i figli, ormai grandi, si uniscono a Fausto nell’attività. Nel 1979, infatti, il figlio Stefano comincia l’apprendistato in gelateria e due anni dopo lo segue il fratello Dario. Un passo ancora avanti ed è il 1984 l’anno decisivo: “Prendemmo la decisione di chiudere la gelateria a Fano. Avevo un cugino a Cochem, in Germania, che gestiva una gelateria e voleva ritirarsi ma non aveva figli. Mi disse che gli avrebbe fatto piacere se io avessi portato avanti l’attività. A Fano le ore di lavoro erano tante, tornati in Germania mi sembrava quasi di essere in ferie, ma più per una questione di orari che di volumi (si chiudeva e apriva più tardi in Italia). Ciò che ho sempre notato, comunque è che in quello che fai ci sono lati positivi e negativi, ma se metti passione emergono sempre di più quelli positivi. Per me è sempre stato così”.
Una passione e un amore tale che portano Fausto ad acquisire molti titoli, tra cui quello di commendatore della Repubblica Italiana per i meriti acquisiti nel campo del lavoro e della sua professione. Se si parla di Fausto Bortolot, però, non si può non nominare il suo rapporto con Uniteis (Unione dei gelatieri italiani in Germania) che rivoluziona e di cui è per anni portavoce: “Uniteis era nato per aiutare i gelatieri. Il primo presidente fu un siciliano, La Rosa, che aveva un’azienda a Milano. Dopo di lui subentrò per tanti anni Panciera, poi Lucchetta e poi lo divenni io. Mi proposero di candidarmi appena arrivai a Cochem e da un giorno all’altro mi ritrovai vicepresidente. A quei tempi la presidenza durava tre anni e ci si poteva candidare all’infinito. A me non piaceva questa storia perché perdevi le conoscenze e i contatti che avevi prima e c’era una guerra interna. Diventai poi presidente senza nemmeno candidarmi, mi elessero, e allora come prima cosa allungai di un anno la presidenza da 3 a 4 e per non più di due mandati, però dopo si doveva rimanere in consiglio. In questo modo non si perdevano le conoscenze che avevi con le altre associazioni. Siamo l’unica associazione che non è tedesca affiliata alla Confartigianato tedesca in rappresentanza del gelato artigianale, l’obiettivo è quello di contrastare il lavoro in nero, abbiamo anche un contratto sindacale con un sindacato tedesco dove si parla di paga minima e ore di lavoro. Quando subentrai io eravamo 1.400 associati con circa 3.000 gelaterie. Dico spesso che, però, bisognerebbe aprire l’associazione ai non italiani: altrimenti la confederazione degli artigiani tedeschi non può dare carta bianca solo per gli italiani. La mia idea è quella di fare due associazioni e unirle un domani, organizzare un consiglio solo, unire le associazioni sotto il cappello di Uniteis. Un mio ricordo di stima ed amicizia personale va poi a Carlo Pozzi e Luca Caviezel, due maestri gelatieri che tutti conoscono e a cui mi sono rivolto nei momenti di difficoltà per quello che riguarda il gelato artigianale – aggiunge Fausto -. Sono convinto che la stima e l’amicizia sia stata reciproca: prova ne è che il prezioso archivio storico di Luca Caviezel sia stato donato, tramite la mia persona, alla MIG (Mostra Internazionale del Gelato) di Longarone Fiere e al Comune di Longarone. Sia il presidente della fiera Giorgio Balzan che il sindaco Roberto Padrin si sono impegnati per iscritto a rendere disponibile a tutti gli interessati questo inestimabile patrimonio”.
Un altro importante contributo dato al mondo del gelato artigianale da Fausto riguarda la storia del Gelato Day. La Giornata Europea del Gelato Artigianale, che dal 2013 si festeggia ogni 24 Marzo, comincia a prendere forma nel marzo del 2009: “La passione è l’ingrediente principale per portare avanti grandi sfide e la tenacia ti dà la forza di non avvilirti mai. Tanti ci hanno deriso per la pazza idea di ottnere un riconoscimento per il gelato artigianale, mentre oggi quei tanti si sentono gli attori principali del Gelato Day. l’idea partì dal presidente di Longarono Fiere, Giovanni De Lorenzi, ma sono stati gli uomini a far sì che un sogno diventasse realtà, altrimenti l’idea sarebbe rimasta tale e chiusa in un cassetto. Gli stessi uomini che ancora oggi continuano a lavorare sodo per far sì che il gelato artigianale sia sempre il prodotto più amato del mondo. il Gelato Day è l’opportunità per tutti i gelatieri d’Europa di farsi conoscere e di essere orgogliosi di appartenere ad una grande famiglia”.
La storia della Giornata Europea del Gelato Artigianale porta, infatti, la firma di due grandi gelatieri: Fausto Bortolot e Ferdinando Buonocore. Dal 2010 al 2012 l’organizzazione dell’evento viene gestita da Artglace, proprio nella persona di Fausto Bortolot, che con grande competenza ed opportuna e preziosa caparbietà riesce a fronteggiare tutti gli ostacoli burocratici e le regole imposte per consentire la distribuzione gratuita del gelato artigianale all’interno del Parlamento Europeo.
Si tratta di un traguardo importantissimo, l’unica “Giornata” che il Parlamento europeo ha finora dedicato ad un alimento. Va ribadito con forza che la “Giornata Europea del Gelato Artigianale” è patrimonio di tutti i gelatieri e dell’intera filiera. Fausto decide poi di ritirarsi dopo aver fatto la storia del nostro settore, non però senza rammarico: “Non è stato semplice smettere di fare il gelatiere, ma sono contento perché i miei figli stanno portando avanti la gelateria meglio di me. Col tempo cambia il modo di narrare, il mondo si evolve, e se si resta ancorati al passato non si fa altro che andare indietro. Le nuove generazioni hanno un grande potenziale e bisogna integrarle e spronarle, altrimenti non ci si evolve più”.
Ancora oggi la Gelateria Fratelli Bortolot opera a Cochem, dove nel 2020 ha festeggiato il 60° anniversario di attività. Una tappa di un cammino importante, portato avanti ogni giorno con la stessa passione e l’amore per il gelato tramandato da grandi persone come Fausto Bortolot.