Il gelato artigianale può, anzi deve, puntare a “entrare” negli alberghi italiani e stranieri, per garantire agli ospiti degli hotel un prodotto simbolo del made in Italy e dell’eccellenza culinaria nostrana. E’ quanto emerso durante il convegno “Il gelato in albergo, più soddisfazione per l’ospite, più soddisfazione per i conti dell’albergo”, andato in scena lunedì 28 novembre, nell’ambito della Mig di Longarone.
Durante il dibattito, moderato dal direttore della rivista “Hotel Domani”, Renato Andreoletti, e introdotto dal presidente della Mostra Internazionale del Gelato, Fausto Bortolot, si sono sviscerate tutte le potenzialità del dolce freddo nell’ambito degli hotel: “Il gelato è nato in Italia, ma è sempre più utilizzato da chi con l’Italia non ha niente da spartire – il monito del presidente di Acomag, Gianfranco Tonti -. Lo scenario globale presenta tante insidie, e per chi fa parte della filiera italiana è importante difendere il gelato così come lo intendiamo noi, basato sulla qualità”. Introdurlo negli hotel garantirebbe un plus non indifferente: “Si parla tanto di coccolare il cliente, l’albergo è il luogo ideale per farlo ed in tal senso il gelato può risultare uno strumento sicuramente utile – ha continuato Tonti -. Dobbiamo essere preparati a fare innovazione, tutti i protagonisti dell’hotellerie devono sentirsi pronti a sperimentare, senza paura di sbagliare: l’errore più grave è quello di non osare”. Il tutto con l’aiuto dei professionisti del settore: “Molte attrezzature proposte dai nostri costruttori possono risultare validissime anche per le cucine alberghiere”.
Il partecipato convegno, andato in scena alla presenza di diversi studenti delle scuole alberghiere, è poi proseguito con l’apprezzato intervento di Fabrizio Osti, presidente di Aiipa: “L’offerta alberghiera italiana sta aumentando esponenzialmente, e il gelato, se proposto in modo non banale, può inserirsi con efficacia in questo contesto”. Già a cominciare dalla mattina: “Il primo momento della somministrazione del gelato ai clienti degli hotel può avvenire già in occasione della prima colazione: magari utilizzando con macchine self service, piccole soft ice compatte, che permettono di trasformare lo yogurt in gelato, arricchendolo con salse e granelle rendendolo così un prodotto stimolante – ha proseguito Osti -. Il tutto realizzabile senza troppe difficoltà: i mix per frozen yogurt, ad esempio, sono solitamente delle miscele in polvere di facile e rapida preparazione, a cui aggiungere yogurt fresco e latte in proporzioni variabili”. Ma il gelato può essere proposto dalle cucine degli alberghi anche in altre forme e in momenti diversi: “Penso ad esempio a un dolce freddo proposto come snack, come merenda o dopocena, con la preparazione di coppe che può essere gestita agevolmente, oppure affidandosi a monoporzioni e gelati su stecco”, ha aggiunto il presidente di Aiipa, insistendo sul concetto di gelato gourmet: “Si tratta di una contaminazione che potrebbe rappresentare la strada giusta, liberando la fantasia degli chef a capo delle cucine degli hotel. Qualche esempio? Battuta di fassona piemontese con sorbetto al peperone, oppure un abbinamento caldo/freddo come quello del gelato di cozze con pasta e fagioli. Ma il gelato, in hotel, non va dimenticato nemmeno come dessert a conclusione della cena: “A patto però di andare oltre la banalità del classico gelato con macedonia. Magari con contaminazioni provenienti dall’estero”.
E del resto c’è già chi, e con soddisfazione, propone già gelato artigianale all’interno del proprio hotel. A portare al convegno al propria (più che positiva) esperienza è stato Gherardo Manaigo, titolare e gestore dell’Hotel de la Poste di Cortina d’Ampezzo (“Noi proponiamo il gelato artigianale da tempo, e con soddisfazione: si dovrebbe pensare ad un apposito protocollo nelle Dolimiti, che potrebbe anche ottenere fondi europei”, il suo pensiero), mentre Marco Gennuso, formatore Haccp dell’associazione Liag, si è soffermato sulle principali regole da rispettare nelle cucine alberghiere: “Per produrre gelato in hotel bisogna rispettare le discipline del paccheggo igiene; poi, a seconda dell’approccio, si potrà organizzare un laboratorio separato per la produzione, con vetrine dedicate alla vendita, o in alternativa si potranno utilizzare macchine già presenti in cucina, prestando però particolare attenzione all’analisi dei rischi, delle possibili contaminazioni, della presenza degli allergeni e all’etichettatura dei prodotti”.